La testimonianza. «Io, disabile e non scarto, cammino con la speranza»
Scrivo traendo riflessione dalle montagne che circondano Livigno, dove mi trovo. Il sole che ogni tanto spunta tra le nuvole mi ricorda che finirà anche questa lunga notte di privazione di contatti umani imposti dal Covid. Che presto qui torneranno i miei amici sciatori, i miei vecchi compagni di arrampicata.
Chi conosce la mia storia sa già che è guardando queste montagne che alla morte ho preferito la Vita. Perché? Perché a volte può succedere che una malattia che mortifica e limita il corpo, anche in maniera molto evidente, come è successo a me dopo avere ricevuto la terribile diagnosi di Sclerosi laterale amiotrofica, possa invece rappresentare una vera e propria medicina per chi deve forzatamente convivere con essa senza la possibilità di alternative. La malattia, l’evento traumatico, la disabilità non portano via le emozioni, i sentimenti, la possibilità di comprendere che l’’essere’ conta di più del ‘fare’. Perché la malattia può davvero disegnare, nel bene e nel male, una linea incancellabile nel percorso di Vita di una persona. O, ancora meglio, edificare una serie di Colonne d’Ercole superate le quali ci è impossibile tornare indietro, ma se lo si vuole, ci è ancora consentito di guardare avanti. ‘Non vivere di foto ingiallite…’ scriveva Madre Teresa di Calcutta in una sua preghiera. Ed è proprio questo il nocciolo della questione; pensare a ciò che è possibile fare piuttosto che a quello a cui non si è più in grado di ottemperare.
La malattia non è una cosa buona, non è auspicabile, ma è, ed è ciò che io chiamo l’imprevisto…. (continua)