«Si deve cambiare il mondo, non ci sono alternative. Anzi, non basta cambiarlo, dobbiamo salvarlo. E dobbiamo farlo adesso». L’incontro con Carlo Colombino, titolare − con il fratello − di un’azienda che si occupa di riciclare i rifiuti provenienti dall’edilizia, è racchiuso in questa frase che pronuncia con l’entusiasmo di un ragazzino. «Lo pensavo negli anni Settanta, lo penso ancora oggi. Anzi, ora l’urgenza è maggiore».
Carlo Colombino ci parla nel suo ufficio a La Loggia, nella cintura sud di Torino, circondato da scavatrici al lavoro e camion carichi di detriti che fanno la spola dai grandi cantieri sparsi nel torinese. «Siamo una sessantina di dipendenti, divisi tra questa azienda e altre due delle quali condividiamo la proprietà con altri soci». Carlo è figlio di imprenditori: la sua azienda, la Cavit, è nata nel 1966, anche se l’attività di famiglia è iniziata prima della guerra. Scavano, demoliscono, riciclano. Soci della Compagnia delle opere (associazione di imprenditori nata nel solco di Comunione e liberazione, ndr), da tre anni Colombino fa anche parte di Aipec, Associazione italiana imprenditori per un’economia di comunione, legata a doppio nodo con il Movimento dei Focolari. «Perché sono credente e perché sono convinto che la sintesi tra economia, impresa, etica e solidarietà non sia un’utopia. Lo facevano i nostri nonni, lo faceva anche mio padre» …(continua)…