La Cordigliera, Far West dell’altro Occidente, «carne di pietra d’America», come la chiamava la Nobel cilena Gabriela Mistral, ha costretto questa lingua di terre a lasciarsi le pianure atlantiche alle spalle, senza, però, mai separarsene del tutto. Cile e Perù sono nazioni in bilico tra la tentazione geografica di “far caso a sé” e l’ansia storico-letteraria di condividere le sorti latinoamericane. Un contesto che il Papa di origine argentina conosce bene. Dopo Ecuador e Colombia completerà così il viaggio nel Corridoio del Pacifico, entrando stavolta dalla “porta stretta” del sud, il Cile.
Nella striscia di terra attraversata con i versi di Pablo Neruda da El monte y el rio, Bergoglio entrerà da Santiago del Cile e da lì andrà a Temuco e Iquique. Sarà poi in Perù a Lima, Trujillo e Puerto Maldonado, dove per la prima volta un Papa metterà piede in zona amazzonica. Da un punto di vista di geografia ecclesiale è forse un viaggio atipico, ma la scelta di accomunare questi due Paesi non è casuale. Fili ne legano le sorti fin dall’indipendenza, quando lo strappo cileno, avvenuto esattamente duecento anni fa, aprì la strada alla sconfitta dell’esercito coloniale ad Ayacucho. Tuttora – al di là delle rispettive specificità – non sono pochi i punti in comune. Sebbene si tratti di due nazioni moderne capaci di emanciparsi dalle turbolenze politiche di dittature sanguinose e di costruire sistemi democratici, l’eredità del passato continua a pesare, come dimostrano le recenti tensioni in Perù per l’indulto all’ex presidente-dittatore Alberto Fujimori…….
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